Pubblichiamo l’intervista allo scrittore Sergio Verdacchi, autore del libro “Le cinque chiavi. O.D.E.S.S.A. Un enigma che continua”.
Sergio Verdacchi è giornalista, fotografo professionista, scrittore e pittore a tempo perso. Ha girato quasi tutto il mondo e i luoghi che descrive nei libri o negli articoli li ha visitati tutti.
1) Da quanto tempo scrive? Come ha scoperto la sua passione per la scrittura?
Praticamente scrivo sin dalla mia adolescenza: a 15 anni ho manoscritto, cioè scritto a mano su fogli a quadretti, un romanzo giovanile di cui possiedo ancora il manoscritto. La trama non era quella che poteva creare un ragazzo della mia età ma affrontava già argomenti da “grandi” e la mia passione per un’amica di una mia zia era già espressa in termini molto audaci. Dovetti fermare la stesura del libro perché alcune pagine, tramite un amico indiscreto, o forse invidioso, pervennero a mia madre che mi rifilò alcuni ceffoni e distrusse parte del libro.
Durante il servizio militare in Marina collaborai a un periodico militare e poi entrai a far parte di un gruppo, non ben identificato, nel quale fungevo da “giornalista” e da scrittore, specialmente di lunghi postulati pseudo politici da cui poi, spostato da Roma a Civitavecchia, mi dissociai. Nel periodo militare scrivevo lunghissime lettere alla mia fidanzata, Eleonora, che poi divenne mia moglie, la quale raccolse molto di quello che le avevo scritto e ne formò una specie di libro-epistolario.
Quando cominciai a inviare foto da pubblicare a un paio di agenzie mi chiesero di fare delle lunghe didascalie per le foto comperate: poco alla volta iniziai a fare articoli corredati da foto e poi veri e propri servizi completi. Nel contempo una di queste agenzie specializzata non solo in foto ma anche in novelle, romanzi brevi e altro, mi invitò da un editore di Milano specializzato in pubblicazioni per le edicole. Aveva una sortita quasi quotidiana perché aveva almeno dieci filoni: gialli, spionaggio, sex-appeal, fantascienza, romanzi rosa ecc. La peculiarità di questo editore era di comperare manoscritti di circa 120 pagine cadauno, di pagarli un tot fisso e di non riconoscere diritti d’autore o altro. Io avevo famiglia e mi servivano soldi: accettai e arrivai alla produzione di oltre un libro alla settimana. Non erano capolavori ma avevo una bella fantasia e così portavo da mangiare alla famiglia che si era ingrandita anche per l’arrivo di altre persone che… lasciamo perdere.
Con un altro editore, sempre di Milano, verso gli anni ’60 ho iniziato una collaborazione fissa prima con un libro tascabile mensile e poi con una rivista, la prima del genere: trattavano argomenti sadomaso e di sessualità diversa. Andammo avanti alcuni anni, con un discreto profitto, e poi l’editore morì e con esso l’avventura editoriale.
Pubblicai un paio di libri sotto lo pseudonimo di Max Scala e ho collaborato per dieci anni con il settimanale cattolico, organo ufficiale della Curia di Genova e ho pubblicato in un numero imprecisato di riviste su Genova, facendone pure la parte del direttore responsabile, essendo io giornalista-pubblicista. I miei articoli con servizi fotografici sono apparsi in un centinaio di giornali e riviste in Italia e all’estero.
Mi piace scrivere e quando non so cosa fare prendo un pezzo di carta e… via.
2) Com’è nata l’idea di scrivere un romanzo sull’organizzazione O.D.E.S.S.A.?
L’idea di scrivere un romanzo sull’organizzazione O.D.E.S.S.A. è nata dalla casa che ho comperato una decina di anni fa proprio sulla via dei ratti, la strada che serviva ai Criminali Nazisti per fuggire dalla Germania alla fine della Seconda Guerra Mondiale per evitare la cattura e il processo. La strada, da Monaco di Baviera, giunge al porto di Genova e da qui i Nazisti, con aiuti e documenti falsi, fuggivano verso il Sud America e altre destinazioni. La casa, come altri luoghi di Genova, fungeva da nascondiglio dove i fuggiaschi potevano nascondersi in attesa dei documenti e della nave disponibile. La mia curiosità mi ha spinto a indagare e così accumulai informazioni che aumentarono di giorno in giorno. L’incontro casuale con il figlio di un importante politico del Ventennio che mi cedette oggetti d’argento del periodo fascista è stata un ulteriore spinta che mi ha convinto a scrivere questo libro.
Dato che non volevo scrivere o riscrivere la storia di O.D.E.S.S.A. ho pensato di fare un romanzo che avesse dentro riferimenti storici veri e nel contempo volevo dare un segnale di quanto accadeva ogni giorno sotto gli occhi di tutti, ovvero che O.D.E.S.S.A. non è finita ma continua a vivere in molte forme come pure l’idea del nazismo che riaffiora in ogni parte del mondo.
3) Ha fatto molte ricerche per la parte storica del romanzo?
Per la parte storica del romanzo ho continuato quelle che erano le mie esplorazioni del mondo nazista e ho approfondito con delle mie visite nei campi di concentramento, nei luoghi delle stragi in Italia e all’estero, sino ad arrivare nel Sud dell’Argentina, nella Terra del fuoco dove vivono comunità tedesche che conservano le abitudini e lo spirito della Germania Hitleriana. Ho visitato gli Stati Uniti e mi sono addentrato tra i neri, i meticci, gli immigrati, dove il simbolismo nazista – svastiche, Croci uncinate – sono la stessa cosa ma presentate graficamente sui muri, nelle case e nei tatuaggi. Sono stato in Norvegia per capire come poteva un insegnante uccidere circa 70 ragazzi, del suo stesso istituto, inneggiando a Hitler e in Serbia ho visto quello che era stato fatto in nome di un concetto assurdo ossia sterminare popoli per una supremazia di pochi.
Sono stato in Israele e in quasi tutti i Paesi del Medio Oriente…
4) Crede che sia ancora importante ricordare questi avvenimenti storici? Perché?
Si devono ricordare questi avvenimenti storici per il semplice fatto che sono ancora, tristemente, attuali. La violenza non ha un nome preciso in quanto si tratta di violenza e basta. Ma ci sono persone che vivono sulla violenza e piuttosto che darsi da fare per portare aiuto, amore, concordia preferiscono pescare nel torbido che essi stessi hanno provocato. Teniamo presente che gli ideali, e bisognerebbe stabilire prima quali, sono tenuti poco in conto e che, specie certe fasce di giovani, preferiscono il divertimento, il guadagno facile e la non responsabilità all’impegno, al sacrificio. Non voglio fare il moralizzatore ma…
5) Qual è il messaggio che vuole comunicare ai lettori con il suo libro?
Esiste un unico messaggio e io lo dico a parole chiare alla fine del terzo volume della trilogia di O.D.E.S.S.A.: il pericolo esiste per cui tenete, tutti, gli occhi bene aperti.
6) Sta lavorando a un altro libro?
Attualmente sto rifinendo il secondo e il terzo libro della trilogia di O.D.E.S.S.A. E sto lavorando a una serie di gialli che ha come protagonista il commissario Pratesi. Al momento ho già finito il primo, pronto per essere stampato e sono a buon punto con i volumi due e tre.
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