Il seguente articolo spiega quali sono le caratteristiche minime richieste perché il neofita possa aspirare a diventare un buon scrittore. Fornisce indicazioni utili a un sano quanto necessario preventivo esame di coscienza e di autovalutazione dei propri limiti.
L’espressione (un po’ bruttina) di “configurazione minima” è presa a prestito dall’informatica, più precisamente dalle note di accompagnamento dei software delle applicazioni per computer. Per configurazione minima si intendono le caratteristiche tecniche che un elaboratore deve avere per poter far funzionare il programma. Se l’hardware (il computer) non ha quelle determinate capacità minime (di sistema operativo, di RAM, di capacità su disco, di velocità di processore) il programma non girerà.
Le persone, certo, non sono dei computer e scrivere non può essere assimilato a un programma. Tuttavia la metafora è utile per comprendere una realtà ineludibile: per potersi accostare con un po’ di serietà alla scrittura ispirandosi anche solo in parte al principio dettato da Márquez […], è necessario avere un bagaglio di base. Per usare un’altra metafora esplicativa, si può dire che quasi tutti sono bravi a suonare la chitarra: richiede poco impegno, solo un po’ di orecchio, basta conoscere “quattro accordi” e via. Suonarla come facevano Andrés Segovia e Steve Howe è tutto un altro paio di maniche. È questo il momento di essere onesti con se stessi, di esaminare criticamente come si scrive, quali difficoltà si incontrano sia nella fase ideativa che in quella redattiva, quali sono le nostre vere e concrete capacità da una parte e quali sono le manchevolezze dall’altra. Il bagaglio essenziale (la configurazione minima) può essere allora riassunto in questo breve elenco:
- avere un buon patrimonio di libri letti alle spalle (e continuare a leggerli anche su “come” scrivere, soprattutto quando tali libri sono scritti da grandi Autori o comunque da professionisti);
- avere una sufficiente conoscenza della grammatica italiana e della sintassi;
- saper ascoltare, osservare, essere curiosi in genere;
- essere disposti a esercitarsi a scrivere quanto più è possibile;
- avere una discreta fantasia;
- avere passione.
Vediamo i requisiti in dettaglio:
- Per aspirare a scrivere in modo apprezzabile, occorre innanzitutto aver letto molti libri, soprattutto classici. Sembra un paradosso che per saper scrivere bene bisogna prima aver letto bene, ma è proprio così.
Le statistiche in proposito per il nostro Paese sono invece allarmanti: in Italia ci sono molti più scrittori che lettori. È come se ci fossero molte più persone disposte a parlare piuttosto che ad ascoltare. L’A.I.E. (Associazione Italiana Editori) ha recentemente effettuato una ricerca confermando quanto già si sapeva sull’argomento: tra i paesi europei, noi siamo al terz’ultimo posto per quanto riguarda l’acquisto di libri. L’italiano spende 65 Euro all’anno in libri contro i 208 Euro della Norvegia. Solo il 3,7% degli italiani legge almeno un libro al mese (diventa il 42,3% comprendendo coloro che ne hanno letto uno in un anno); un quarto di loro inoltre sono laureati, è di età compresa tra i 45 e i 64 anni e abita al Nord.
Leggere è fondamentale: apre la mente ed è importante a prescindere dal fatto che si voglia imparare a scrivere. Leggere un libro è il modo più lungimirante che chi lo ha scritto ha avuto per trasmettere il suo sapere, la sua maniera di comunicare, il suo modo di pensare e di scrivere. È come se, attraverso le sue parole, l’Autore spiegasse come si esprime, come si muove la sua fantasia, come è costruita la trama della sua opera e quali sono le idee narrative di cui si è servito. È sciocco non farsi dare una mano da chi è più bravo di noi. Il consiglio è quindi sicuramente quello di leggere tutti quei libri che la scuola nei suoi programmi non inserisce, abbondando coi classici del Novecento sia italiani che stranieri (secondo le vostre preferenze) e coi contemporanei. A chi trova difficoltà nello scrivere e ha una biblioteca piena più di fumetti che di opere letterarie, consiglio caldamente di non nutrire velleità letterarie: sarà un impegno tutto in salita.
Bisogna poi chiarire quello che può diventare un equivoco di fondo: non si devono leggere gli altri Autori per imitarli. Non c’è niente di peggio che assomigliare a qualcun altro per il proprio periodare, per lo stile o la punteggiatura (e questo discorso vale anche per i cantanti, per i pittori o qualsivoglia altro artista). Certo, all’inizio può anche lusingare e inorgoglire ricordare persone famose ma, in un domani non troppo lontano, può rappresentare una trappola da cui è difficile uscire. Se assomigli a questo o a quello scrittore saprai sempre di qualcos’altro: sarà sempre come se fossi l’altro ma parzialmente. E un cattivo originale è sempre meglio di un’ottima imitazione. Si tratta piuttosto di “entrare” nel loro laboratorio di scrittura e osservare quali sono gli strumenti usati, il modo di creare la drammaturgia, di assemblare i pezzi della trama, di scegliere i toni espressivi.
La lettura inoltre non deve essere fine a se stessa. Chi vuol far tesoro degli insegnamenti altrui, è utile che si soffermi su ciò che legge, in particolare sui passaggi che più gli sono piaciuti, chiedendosi perché lo hanno colpito: è forse per il modo particolare in cui quella frase è stata girata? Per le parole utilizzate? Per le metafore alle quali è ricorso? Per l’immagine che si è venuta a creare nella mente? Prendi un quaderno e annotati tutto quello che hai trovato di interessante, fosse anche solo l’uso della punteggiatura, la lunghezza (o la brevità) inusuale delle frasi, il passaggio repentino del ritmo, l’uso disinvolto dei dialoghi, il capovolgimento improvviso del fronte narrativo, la parola sconosciuta. Fissa il modo in cui gli Autori introducono il personaggio, come lo fanno interagire nell’ambiente, come lo fanno parlare, quali sono i termini usati per descriverlo esteriormente e interiormente. Impara a scoprire come si sposta la macchina narrativa che sta dietro al testo. A volte bastano poche parole per creare un’attesa, la suspense, una sensazione visiva, un carattere. Annota tutto questo, con il titolo e la pagina che stai leggendo, in una sorta di prontuario di buona scrittura che potrai ripescare ogni qualvolta ne vorrai sapere di più. Potrà sembrare un sistema macchinoso, ma sul lungo periodo ti ripagherà. Questo lavoro riesce meglio nella fase di rilettura del libro. Durante la prima lettura, si è infatti più concentrati sulla trama che sulla forma. Ti meraviglierai di quante cose potrai scoprire riprendendo in mano lo stesso testo.
- Anche se dovrebbe essere scontato, è fondamentale conoscere la grammatica e la sintassi italiana.
È imperdonabile mettere su carta il proprio pensiero e poi tradirlo con una forma opaca oppure erronea. Una buona idea espressa male, in modo contorto e farraginoso o peggio ancora accompagnata da marchiani errori di ortografia, svilisce il testo e lo fa ben presto abbandonare dal lettore (soprattutto se il testo è proprio quello di un post pubblicato su blog, dove l’unico editor di solito sei tu). Non vergognarti (io lo faccio ancora quando ho dei dubbi), di riprendere in mano un libro di grammatica e di sintassi (ce ne sono di ottimi anche sul web) e ristudiali (io ne ho una decina e, ogni volta che li rileggo, trovo sempre qualcosa che non sapevo o che avevo dimenticato). Ripassa soprattutto l’uso dei verbi (dei congiuntivi), dei pronomi, degli aggettivi. L’italiano è una lingua complessa, piena di sfumature e dunque ricca di mezzi espressivi: conoscerli a fondo significa accrescere in modo esponenziale le proprie capacità di narrazione.
Fondamentale è poi la consultazione di un buon vocabolario: i cinque volumi della Treccani sono sopra a tutti gli altri, ma annota anche il Devoto-Oli, lo Zingarelli e il Palazzi oltre ovviamente a tanti altri. Meglio ancora se si possono usare più vocabolari contemporaneamente per confrontare l’etimologia delle parole, il loro esatto significato, la corretta grafia. È dal raffronto del significato di un dato lemma, dalla sua origine etimologica, dal percorso storico che ha coperto da quando è nato caricandosi via via di determinati significati e spogliandosi di altri, che puoi avere la piena consapevolezza del valore della parola usata. Fai la prova di scrivere su un foglio il significato di un lemma anche da te frequentemente utilizzato, verificandone poi sul vocabolario l’esatto significato: preparati ad avere delle sorprese […]. Accresci quindi il tuo vocabolario personale, dagli corpo e sostanza e usalo in modo appropriato.
Consiglio poi un buon libro di sinonimi e antinomi quando i vocabolari non sono sufficienti. Il Thesaurus di Word, il programma di scrittura più usato al mondo se utilizzi il computer per scrivere, spesso è manchevole o dà solo l’illusorietà della sufficienza.
La sintassi è importantissima. Non bisogna mai imbarazzarsi di ricominciare da capo nello studio: dare per scontato di sapere l’italiano solo perché lo si parla tutti i giorni e gli altri ci comprendono, è un banale errore di sopravvalutazione del nostro patrimonio linguistico. Impiegare vocaboli ricercati in un contesto sbagliato, costellato da pochezza espressiva, accontentarsi del proprio vocabolario circoscritto, farsi guidare dalle parole e non essere tu a guidarle, non avere mai aperto un dizionario e non aver intenzione di possederne uno neppure usato, nascondersi dietro alla parolacce o andare a orecchio applicando il principio “tanto la gente mi capisce lo stesso” sono tutte spie di “malfunzionamento” e di uno standard al di sotto della configurazione di base di un buon scrittore.
- È raccomandabile inoltre saper osservare e saper ascoltare.
Perché un personaggio sia vero, è necessario che assuma l’atteggiamento, che parli e si muova come una persona vera. Non c’è niente di meglio quindi che prendere spunto dall’infinita varietà della realtà. È molto importante sentire come la gente parla, discute, si arrabbia, ascoltare i dialoghi, appuntarsi le espressioni mimiche delle persone, seguire l’atteggiarsi degli sguardi, rendersi conto di come sono fatti veramente gli oggetti che ci circondano, le vie, le case, i paesaggi. Quando sei fuori casa, al lavoro o a fare una passeggiata, portati dietro un foglio di carta e una penna (ma basta anche una piccola matita, che funziona sempre). Siamo circondati da migliaia di storie: basta solo saperle vedere. Sono forse in un’altra dimensione, ma con le radici ben salde nella vita reale. Annotati quello che ti ha colpito, un’idea di dialogo, un gesto inaspettato di una persona, una notizia letta: con calma, in un secondo momento, ci potrai lavorare su. A volte si parte dal niente, da una semplice immagine, anche paradossale: da un’idea nasce un’idea e dalle idee nasce un mondo. Non sprecare quel che pensi, uno spunto, una riflessione, una considerazione: se non te la scrivi, quasi sicuramente verrà inghiottita nel dimenticatoio e andrà perduta.
Se non ti accorgi di quello che ti accade, vivi disancorato dalla realtà, la tua fantasia rischia di essere non credibile, troppo eterea, inconsistente, correndo anche il pericolo di scrivere allo stesso modo qualunque argomento affronti, senza dare profondità e chiaroscuro al tuo testo.
- È necessario reiterare la scrittura: occorre scrivere, scrivere e scrivere. Ogni giorno, appena possibile, per più ore al giorno, anche se non se ne ha voglia.
In questo il blog è di grande aiuto perché l’ipotetica attesa da parte del lettore è di incentivo a mettere nero su bianco, a sforzarsi di pensare, di creare con la mente. Il solo fatto di scrivere, nel tempo dà i suoi frutti come un qualsiasi allenamento riesce a fare. Si impara a diventare più fluidi, a trovare le parole e le idee giuste, a raffinare forma e stile. Ci vuole, in altri termini, abnegazione, disciplina, costante applicazione. Se si tratta di autentica passione, come spero, tutto questo non peserà. Se invece pensi di dedicare alla scrittura pochi e discontinui ritagli di tempo aspettando l’ispirazione, quando verrà e se verrà non avrai la possibilità di maturare, di crescere imparando dai tuoi stessi errori. Il tempo per la scrittura va cercato anche a scapito di altri svaghi. Spesso scrivere è una soddisfazione sofferta che passa attraverso il sacrificio.
- È indispensabile inoltre avere fantasia, intesa come capacità creativa di inventare storie, personaggi, situazioni. È il carburante della narrazione: senza purtroppo non si va da nessuna parte, nemmeno applicando alla lettera i suggerimenti di questo Corso (→ ← cap: L’officina delle idee) o altri e più dotti suggerimenti dei maestri della scrittura. Non si può cavar l’acqua dove l’acqua non c’è o non c’è mai stata. Ma questo è un limite che, se lo si ha, se ne è anche (o se ne dovrebbe essere) pienamente consapevoli.
Stare ore a fissare una parete nella speranza che venga un’idea, ben sapendo che di solito le belle idee ci vengono solo quando sono gli altri a suggerircele, è tempo ingiustamente sottratto a qualche altro divertimento sicuramente più proficuo.
Oltre a quanto appena puntualizzato, raccomando qui, per completezza, di frequentare anche (indipendentemente da queste pagine) un Corso pratico di scrittura creativa che abbia dei solidi e referenziati requisiti di fondo e possa contare su un buon maestro, perché la teoria non è tutto e una guida autorevole fa la differenza, in tutte le discipline (per coloro che hanno la fortuna di abitare in Piemonte e regioni vicine, raccomando senz’altro la Scuola Holden, ma ce ne sono diverse altre, davvero valide, in Italia).
- Infine, ma non è certo il requisito meno importante (anzi è il vero collante di tutti gli altri), occorre avere passione.
È necessario desiderare fortemente di voler scrivere e ancor di più di voler scrivere bene. Solo se possiedi in te questa voglia profondamente radicata non ti peseranno gli inevitabili sacrifici che dovrai sopportare; solo se sai che cosa significa dar corpo ai tuoi pensieri, saprai scrollarti di dosso le frustrazioni e le delusioni delle quali la carriera di uno scrittore è purtroppo ricca. La passione ti aiuterà anche ad apprendere rapidamente i meccanismi (non facili) della narrazione, a far tesoro dei consigli, a migliorarti. Non solo: la passione sarà uno strumento prezioso per illuminare internamente la tua scrittura, perché saprà caricarla (e lo dico senza facili trionfalismi o false enfasi) di quella emozione che solo l’arte sa dare.
Come avrai notato, non ho messo tra i requisiti minimi il talento. Il talento è un dono: ci si nasce. È davvero fortunato chi ce l’ha e fa bene a tenerselo stretto, anche se c’è da dire che, qualora lo perdesse, nessuno potrebbe raccoglierlo. Ma per tutti quelli che, come me, ne hanno sentito solo parlare (a te invece auguro di cuore di possederlo), il lavoro duro di apprendistato, il continuo raffinamento del proprio stile, il non mollare mai, continuare a studiare, a scrivere e ad applicarsi possono ugualmente contribuire a far raggiungere livelli più che soddisfacenti, tali da poter ritenere di non aver lavorato invano.
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